Visita Laboratori Teatro alla Scala presso Ansaldo
di Caterina Vigna
Nell’ambito del progetto “Comporre Attila: riverberi di un mito nell’Italia risorgimentale”, che coinvolge il nostro liceo in rete con il Liceo Agnesi , 25 studenti della nostra scuola hanno visitato i Laboratori del Teatro alla Scala in un percorso a noi riservato dal Servizio Promozione culturale del Teatro alla Scala per il quale ci hanno fatto da guida il dott. Roberto Bossi e il dott. Carlo Torresani.
Prima di entrare nei laboratori ci è stato mostrato il vecchio sistema di leve che azionava gli spostamenti di parti di palcoscenico e un grande disegno con la Scala in sezione. La nostra attenzione è stata rivolta alla modernità e complessità degli impianti del palcoscenico che è diviso in nove parti indipendenti che possono essere abbassate o alzate in base alle esigenze, per far apparire dal basso intere sezioni della scenografia ad esempio, oppure, come negli spettacoli operistici, per abbassare la parte di palcoscenico a ridosso delle poltrone in modo che possa ospitare l’orchestra (fossa mistica).
Gli spazi appaiono grandi all’ingresso, ma si capisce la loro estensione solo dopo aver completato la visita. Scrivere che si tratta di 20.000 metri quadrati, infatti non restituisce l’imponenza del luogo. I visitatori si muovono su corridoi aperti e sospesi sugli enormi spazi nei quali gli artigiani-artisti lavorano.
Il padiglione è diviso in settori nei quali vengono costruite le scenografie che sono composte di differenti parti e che quindi prevedono le strutture portanti in legno e ferro e alcune parti dipinte.
Abbiamo seguito la realizzazione di alcuni elementi scenici per l’Attila: nel primo settore abbiamo visto l’arco in pietra attraversato da profonde crepe, e a ritroso abbiamo scoperto come fosse stato ottenuto l’effetto di invecchiamento a partire da materiali di polistirolo prestampato, che sono stati assemblati in base alle indicazioni di progetto, collocati su strutture portanti in legno (può essere anche in ferro in relazione alla grandezza e alla movimentazione nelle quali è coinvolto in scena) e poi attraverso il rivestimento in gesso e il colore viene trasformato e sembra di pietra rovinata dal tempo.
La nostra guida ci ha spiegato con orgoglio che in queste tecniche i laboratori sono un’eccellenza e che la stesura del colore è calcolata già in rapporto alla direzione delle luci di scena cosicché i particolari ottengono il risalto opportuno.
Siamo stati accolti dalla simpatia degli artisti-falegnami: poiché gli artigiani lavorano con ordine, parlano a bassa voce tra di loro, i falegnami per darci il benvenuto hanno issato un piccolo cartellone sul quale era scritto un saluto per noi. Abbiamo anche visto all’opera i pittori per il grandissimo telo che farà da sfondo al primo atto dello Schiaccianoci. Anche in questo caso abbiamo avuto l’opportunità di vedere il progressivo precisarsi dei dettagli perché il grande telo era per metà incompleto (e già sembrava bellissimo!). Le pittrici usano pennelli dal manico lungo e lunghissimi righelli in legno per lavorare stando in piedi. È incredibile la cura del dettaglio, considerando che è un fondale e sarà visto da molto distante; si ha l’idea che certi particolari non potranno in nessun modo essere apprezzati dalle persone in sala e questo ci fa sembrare ancora più speciale l’impegno che vediamo nelle persone al lavoro.
Un vero e proprio viaggio “dietro le quinte” del Teatro.
Lungo il percorso sospeso vi sono numerosi modellini che riproducono in piccolo appunto scenografie e allestimenti scenici e che si chiamano maquette, alcuni sono di edizioni storiche importanti ad esempio i due allestimenti dell’Aida di Zeffirelli. Uno con la totalità della scenografia disegnata come, ci ha spiegato Roberto Bossi, si usava (Aida 1963) e una più recente con scenografia tridimensionale.
Non siamo entrati nella Sartoria, ma abbiamo potuto vedere l’archivio degli abiti di scena del Teatro. I costumi sono pigiati dentro armadi all’esterno dei quali sono indicati i riferimenti all’opera e all’anno. Periodicamente vengono lavati e ne viene verificato lo stato di conservazione. Sono infatti spesso richiesti per mostre in giro per il mondo. Alcuni costumi sono esposti in una decina di vetrine. Abbiamo potuto osservare la cura nella realizzazione dei dettagli anche per le messe in scena in epoche nelle quali nessuna diretta televisiva avrebbe potuto mostrarli da vicino. Il dott. Bossi ci ha spiegato che l’abito prezioso è un modo per mostrare il prestigio del Teatro e quindi la possibilità di investire nella professionalità dei propri artigiani e nella qualità dei materiali. I cantanti riescono ad entrare meglio nella parte e un vestito curato li aiuta in questo, e a sentire la responsabilità dell’impegno di essere su uno dei palcoscenici più importati del mondo.
La visita ai laboratori ci ha permesso di riflettere sull’incredibile lavoro che ogni opera prevede, ma soprattutto abbiamo visto cosa comporta essere “uno dei più importanti palcoscenici del mondo”.