Il Teatro, rubriche

La recensione di “Ragazzi di vita” al Piccolo teatro

da Laura R., Quinta LB

 

Ragazzi di vita (pubblicato nel 1955) di Pier Paolo Pasolini

Drammaturgia di Emanuele Trevi

Regia di Massimo Popolizio

Durata di 1h e 45min

Milano, Piccolo Teatro, 2018

 

Lo spettacolo è stato scelto dalla nostra insegnante perché «Ragazzi di vita» è ormai un classico della letteratura italiana del Secondo dopoguerra, quindi in relazione al programma di italiano.

 

Con l’intenzione di trasmettere lo spirito del romanzo in un’opera teatrale, lo spettacolo conta con una voce narrante (Lino Guanciale), il quale vive la scena con i personaggi, e intende offrire uno sguardo sulla realtà e sul contesto sociale in cui vivono i ragazzi di vita nella Roma degli anni 50, più precisamente nelle borgate. La scelta di una voce descrittiva che individua le scene dello spettacolo si mantiene fedele alla rappresentazione al romanzo. La lingua utilizzata dai personaggi è il romanesco, che dà un carattere di realismo alla rappresentazione. In questa non compare un punto di vista fisso, ma interno, variabile e omodiegetico; a volte i personaggi stessi parlano in terza persona. La tecnica narrativa fa sembrare che i personaggi sognano ad occhi aperti, con lo scopo di narrare la propria vicenda portando uno sguardo oggettivo.

Già dall’inizio del spettacolo gli spazi delle singole scene sono minimalisti, ci sono pochi elementi e molta luce, in modo a offrire spazio agli attori e di portare lo spettatore ad imaginare e vivere la scena con loro. La scelta della luce gialla che brucia nella scena è caratteristica del paesaggio del romanzo. La spettacolo si spezza nelle singole scene ogni volta che i personaggi si mettono a cantare canzone dell’epoca, una scelta brillante con l’intenzione di alleggerire la recita.

Due scene in particolare mostrano l’evoluzione del protagonista Ricetto. In una delle prime scene egli si tuffa nell’acqua del Tevere per salvare la vita di una piccola rondine, un atto coraggioso che pero non si ripete in una delle ultime scene, quando Ricetto vede il figlio del suo principale annegare e non si tuffa in acqua per salvarlo. Qualcosa cambia nel ragionamento di Ricetto, questo evento ha accentuato in lui un sentimento individualistico, una sorta di atteggiamento egoista e borghese. Ricetto, da ragazzo sottoproletariato nella periferia di Roma, in parte riuscendo nel suo tentativo di integrarsi nella società, sembra trattenuto dalla consapevolezza che la sua nuova vita e il suo lavoro, tuffandosi in acqua per salvare Genesio, potrebbero risultare compromessi.

Sempre difficile risulta la scelta della messa in scena del personaggio dell’omossessualke (er frocio) che, all’epoca dell’uscita del romanzo fu condannata poiché, d’accordo con il moralismo dei tempi, faceva allusione alla prostituzione maschile e alla immoralità. Lo scopo dell’Autore era attirare l’attenzione verso una parte della società, presente ancora ai giorni d’oggi, degradata ed accantonata. La scena conduce a una riflessione rispetto a una realtà che non merita condanna, ma che necessita di aiuto ed inclusione.

https://www.piccoloteatro.org/it/2018-2019/ragazzi-di-vita