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«Io non ho detto sì», un progetto contro la violenza di genere del nostro Liceo

 IL PROGETTO “IO NON HO DETTO Sì” AL VIRGILIO

«Io non ho detto si’» è un progetto che nasce dall’associazione SVS Donna Aiuta Donna (Onlus) che si appoggia all’ospedale Mangiagalli, fortemente voluto dalla ginecologa milanese Alessandra Kustermann. Il progetto viene inserito nel Liceo statale Virgilio affinché ragazzi e ragazze prendano coscienza e vengano informati riguardo al tema della violenza di genere e del femminicidio.

La referente del progetto, la prof.ssa Francesca Tucci, si è sempre occupata e preoccupata del problema della violenza di genere facendo parte di associazioni onlus come SVSDAD, Casa Di Donne e Casa Dei Diritti. Attraverso la sua esperienza siamo riuscite ad approfondire l’argomento e a capire lo scopo del progetto.

Abbiamo incontrato la Prof. e  abbiamo parlato con lei del progetto:

“La violenza di genere è un problema di tipo culturale e antropologico. Nelle società odierne questo fenomeno è molto frequente. L’obiettivo del progetto è quello di prevenire la violenza di genere. “Io Non Ho Detto Sí” vuole far riflettere i ragazzi e incoraggiare le ragazze a confessare episodi di violenza, insegnare alle donne ad affermare la propria identità senza vergogna e senza paura. Il progetto vuole ricordare ai ragazzi da dove nasce e come si evolvono gli episodi di aggressività; vuole prevenire il fenomeno attraverso un’educazione all’informazione. Il problema delle società odierne è che si sta attivando un processo di normalizzazione delle violenze, che parte da eventi quotidiani di violenza, che tutte le donne hanno vissuto e che evidenziano la donna come debole e in una situazione di soggezione rispetto all’uomo. È necessario inserire un tipo di educazione e di istruzione che abbia come scopo quello di neutralizzare questo stereotipo culturale, che insegni ai ragazzi a riflettere e a distaccarsi da pensieri che vedono le donne come oggetto sessuale, sottomesse all’uomo; che aiuti i ragazzi a distaccarsi da comportamenti sessisti.“Io Non Ho detto Si” vuole comunicare a ragazze e ragazzi che non è il sesso che determina la forza, non è l’aggressività che misura il vigore e che dà senso di onnipotenza; che la donna non è debole e non è sottomessa, che i ragazzi non sono autorizzati a colpire la donna con qualsiasi tipo di violenza. Questo progetto si svolge a scuola perché la scuola è un luogo di istruzione e formazione che deve insegnare e prevenire episodi di violenza. Esso avviene attraverso opinioni e conoscenze di esperti che intervengono durante l’orario  scolastico facendo riflettere i ragazzi, soffermandosi su storie di violenza per capire come si evolve questo fenomeno e come fermarlo.”

La prof.ssa ci ha inoltre comunicato del grande successo e riscontro che l’iniziativa ha avuto all’interno della scuola. Questo progetto è riuscito ad aiutare ragazze con le quali si sono iniziate azioni di recupero psicologico. Per quanto riguarda l’accoglienza di donne che hanno subito violenze di tipo fisico, ma anche economico, psicologico e sociale, la prof.ssa ci ha informate che “Io Non Ho Detto Si” si appoggia a 9 associazioni nel territorio milanese, che aiutano e accolgono donne attraverso équipe mediche che si occupano del recupero psicologico e fisico della donna e di équipe di avvocati che si interessano e seguono il caso dal punto di vista legale. La prof.ssa Tucci, dopo averci fatto riflettere e averci informato sull’iniziativa presente a scuola, ci ha spiegato il motivo del suo coinvolgimento nel progetto; ha sentito un bisogno di essere utile ai ragazzi e un bisogno di giustizia. Ha avvertito un desiderio di aiutare altre donne e bambini ad uscire da un ambiente di violenza, aiutare a capire che l’amore è libertà, che siamo libere di amare indipendentemente dal genere e di spingere le donne ad acquisire la consapevolezza di sé stesse e della propria identità ad essere libere di manifestare la propria affettività.

Da donne, noi, come tante altre nostre coetanee, siamo state vittime della violenza di genere, soggette a piccoli esempi di violenza psicologica. Sentiamo il bisogno di comunicare che gli uomini non sono autorizzati ad urlarci dietro per strada, non sono autorizzati a commentare il nostro aspetto fisico e non sono autorizzati a sminuirci, perché questi sono atti di mancanza di rispetto, che fanno crescere la violenza. Come interessate a questo progetto pensiamo che sia necessario prenderne parte, perché può aiutare e ha aiutato ad avviare un cambiamento.

Questo progetto ha coinvolto una psicoterapeuta e un avvocato che hanno potuto arricchire il progetto dando un contributo dal punto di vista professionale. Questa è l’intervista che abbiamo deciso di proporre a queste due professioniste per poter approfondire meglio lo scopo di questo progetto.

–  Chi siete?

“Io sono Roberta De Leo, un avvocato penalista, mi occupo in particolare di tutela delle vittime di violenza domestica. Lavoro da molti anni per “SVSDAD”, un centro anti-violenza composto da avvocati che che offrono assistenza legale, in particolar modo durante i processi, alle vittime di violenza sessuale e domestica  presente alla Mangiagalli, e per “Associazione D’averia”, un’organizzazione di giuristi a tutela  dei minori, che svolgono attività di formazione nelle scuole (educazione alla legalità e educazione sessuale). Ci occupiamo quindi anche di prevenzione alla violenza. ”

“Io sono Claudia Travia, sono una psicologa e una psicoterapeuta. Da anni lavoro nelle scuole, svolgendo interventi di sensibilizzazione e trattando il tema della violenza sulle donne. Entro a far parte di questa equipe in occasione di questo  progetto, che ha come obiettivo principe quello di sensibilizzare al tema della prevenzione. Parliamo con i ragazzi in modo che si apra la riflessione sugli aspetti chiave  di questo argomento specifico e sugli aspetti su cui incentriamo i  nostri incontri (tema del consenso, delle varie forme di violenza, le modalità con cui esprimiamo il nostro consenso,  il superamento degli stereotipi).”

– Qual è il fine del progetto?

“Vogliamo che i ragazzi siano più consapevoli delle loro azioni, per essere meno vittime dei condizionamenti e giungere a stabilire rapporti più veri e autentici, superando gli stereotipi e rispettando le persone con cui entrano in relazione.”

– Come mai lavorate con i ragazzi?

“Forse perché, purtroppo, con gli adulti “non c’è più nulla da fare”, mentre i ragazzi sono materia magmatica ed è quindi bello relazionarsi con loro e farli riflettere su questi condizionamenti e su questi stereotipi. È infatti importante per noi fornire ai ragazzi questa doppia consapevolezza; sia da un punto di vista emotivo, ma anche da un punto di vista legale, perché, come spesso emerge dai nostri incontri, spesso non si conoscono alcune leggi, e a volte c’è un confine molto sottile tra quello che può essere più legale e ciò che è più morale. Inoltre il progetto si rivolge ai ragazzi perché, negli ultimi anni, si è osservato statisticamente come ci sia stato un aumento inquietante di casi di violenza sessuale sui ragazzi e sulle ragazze molto giovani, ed è quindi importante rendere i ragazzi consapevoli di quello che è il consenso.”

– Cosa vi colpisce degli incontri che svolgete?

“Nonostante le tematiche siano le stesse, ogni incontro è diverso dall’altro, proprio perché sono molto incentrati su quello che portano i ragazzi. Per cui, a volte affrontiamo di più alcuni aspetti piuttosto che altri, proprio perché ci piace mettere al centro le domande di riflessione e i pensieri dei ragazzi. Non sono infatti lezioni frontali; utilizziamo strumenti più “insoliti”, come video e attività ludiche, in modo da creare un vero e proprio discorso tra noi e i ragazzi.

Da dove parte questo progetto?

Questo progetto parte dalla violenza di genere. Insistiamo molto sulla violenza sulle donne perché è un’emergenza sociale; i dati statistici ci mostrano come solo all’ospedale Mangiagalli di Milano abbiamo 1000 casi di violenza sulle donne all’anno, ogni settimana abbiamo nuovi esempi e casi su cui riflettere. L’obiettivo sarebbe quello di non arrivare alla violenza di genere.

Come pensate sia possibile evitare questo tipo di violenza?

Vogliamo cercare un modo rispettoso per confrontarci, maschi e femmine; dobbiamo riuscire ad aprirci ad un dialogo più consapevole attraverso un lavoro di integrazione e sensibilizzazione su più fonti.  La violenza sulle donne è un problema di entrambi i sessi e per questo deve coinvolgere sia maschi che femmine.

Che attività proponete per avviare questo tipo di sensibilizzazione?

Inizialmente creiamo uno spazio di confronto aperto ed evitiamo una lezione frontale. Gli incontri sono dei continui scambi di punti di vista, nei quali noi lanciamo dei punti di riflessione e ascoltiamo i pensieri dei ragazzi. Inoltre utilizziamo video e attività di confronto. Alla fine di questa parte c’è un momento più legale dove si parla di fatti quotidiani e si ragiona e si discute sulla parte giuridica

Cosa vi ha spinto a prendere parte a questo progetto?

I nostri valori personali: ci sentiamo spinte da ciò in cui crediamo. Abbiamo un forte desiderio interiore ad aiutare le donne. Gli incontri inoltre sono dei continui scambi con i ragazzi, scambi che ci hanno sempre lasciate molto soddisfatte. I ragazzi sono curiosi, plastici e pieni di vita.

I ragazzi che hanno preso parte a questo progetto ci hanno riferito che gli incontri sono stati molto interessanti e utili, in quanto hanno

permesso di vedere punti di vista differenti e inoltre hanno reso partecipi i ragazzi e li hanno coinvolti, cercando di creare in loro maggiore consapevolezza. I ragazzi ci hanno comunicato la loro preferenza per la parte interattiva, nonostante abbiamo evidenziato quanto la parte legale abbia suscitato interesse e curiosità per questo tema che molti ignoravano.

Alice Agnello e Sofia Mannini 3SF

La copertina del libro della proff.ssa Tucci del nostro Liceo, sul tema della violenza di genere