Risparmi bloccati su un conto corrente che non rende quasi nulla. Poi senti una pubblicità: “Buono fruttifero postale al cinque per cento”. Subito il pensiero: finalmente qualcosa che fa lavorare i soldi. Ma torna subito il dubbio: è possibile? E se c’è una fregatura nascosta? Un buono fruttifero postale è uno strumento di risparmio garantito dallo Stato italiano, che promette rendimenti fissi fino al 5% lordo con tassazione agevolata al 12,5% e zero spese di gestione, pensato principalmente per chi vuole proteggere i propri risparmi senza esporsi al rischio di mercato.
La verità è che il numero che vedi nei foglietti pubblicitari non sempre corrisponde a quello che entra nel tuo conto ogni anno. Per capire se il buono fruttifero postale al 5 per cento è davvero un’opportunità da non perdere o una promessa troppo bella per essere vera, bisogna guardare oltre lo slogan. Scoprirai che il funzionamento è più sofisticato, che ci sono profili di risparmiatore per cui funziona perfettamente e altri per cui è meno adatto, e soprattutto che il confronto con le alternative cambia tutto.
Quando il cinque per cento accende l’interesse dei risparmiatori
La situazione è questa: i conti deposito rendono il due o tre per cento lordo, i titoli di Stato brevi termini ancora meno, e la pubblicità di Poste Italiane arriva con il suo buono al cinque per cento. Non è strano che molti si fermino: è il doppio. Ma la vera domanda che risuona nella testa di chi risparmia è sempre la stessa: prendo davvero il cinque per cento ogni anno, oppure è un numero scritto a caratteri grandi che nasconde qualcosa?
La paura non è infondata. Nel mondo dei prodotti finanziari, e perfino nel risparmio postale, i numeri grandi hanno spesso una storia dietro che non è raccontata. I buoni fruttiferi al cinque per cento offerti oggi da Poste Italiane esistono davvero, sono garantiti dallo Stato, sono privi di costi di gestione. Ma il cinque per cento è raramente il rendimento che prendi ogni anno dal primo al ventesimo mese di detenzione. È piuttosto un tasso che matura nel tempo, spesso crescente, con picchi nel periodo finale.
Il gancio emozionale è capire questa differenza. Non è una trappola, ma nemmeno una certezza assoluta su base annua. Sapere come funziona lo rende un’opportunità; ignorarlo lo rende un bel foglietto pubblicitario.
Che cos’è davvero un buono fruttifero postale al 5 per cento
Per iniziare, il termine tecnico: un reddito fisso è uno strumento finanziario dove il rendimento e la scadenza sono predeterminati al momento dell’acquisto. I buoni fruttiferi postali rientrano in questa categoria. Sono emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti (CDP) su mandato del Ministero dell’Economia e garantiti integralmente dallo Stato italiano. Questo significa che, a differenza dei titoli di un’azienda o di un fondo comune, il rimborso è coperto dalla garanzia dello Stato.
La differenza fra tasso nominale e rendimento reale
Qui entra in gioco il primo “trucco” che la pubblicità non sempre chiarisce. Quando vedi scritto “cinque per cento” su un buono fruttifero, quel numero è il tasso lordo a scadenza. Lordo vuol dire prima delle tasse. A scadenza vuol dire che è il rendimento medio annuo calcolato sul periodo intero di detenzione, non il rendimento del primo anno. Questa distinzione è cruciale.
Il tasso nominale (per esempio il due per cento fisso pagato ogni anno) è diverso dal rendimento annuo lordo effettivo (che potrebbe essere il tre per cento medio su tutto il periodo) ed è ancora diverso dal rendimento annuo netto (quello che rimane dopo tasse e oneri). Mischiare questi tre numeri nella testa è il modo migliore per fare una scelta sbagliata.
Le tipologie di buoni al cinque per cento oggi disponibili
Nel panorama attuale dei buoni fruttiferi postali, il cinque per cento è principalmente collegato a un prodotto specifico: il buono dedicato ai minori. È pensato per genitori e nonni che vogliono costruire un gruzzolo per i figli fino al momento della maggiore età. Qui il tasso cresce nel tempo: parte dal due e mezzo per cento nei primi 18 mesi, sale gradualmente, e raggiunge il cinque per cento solo nell’ultimo biennio, quando il minore si avvicina ai 18 anni.
Gli altri buoni fruttiferi disponibili oggi hanno rendimenti diversi: il buono ordinario a 20 anni, il buono a 12 anni con tassi crescenti, il buono a cedola semestrale, il buono indicizzato all’inflazione italiana. Nessuno di questi offre il cinque per cento netto in ogni anno, ma il buono per minori sì, a condizione che lo si tenga fino alla scadenza completa. Questo è un elemento da tenere bene a mente: il cinque per cento del buono minori è costruito appositamente su una platea specifica e una tempistica precisa.
Come gli interessi maturano: la vera storia dietro i numeri
Sapere che teoricamente potresti prendere il cinque per cento non basta. Devi capire come quegli interessi entrano nel tuo conto, quando li puoi ritirare, e soprattutto cosa succede se cambi idea prima della fine.
Maturazione e capitalizzazione degli interessi
Gli interessi sui buoni fruttiferi postali si accumulano dal giorno della sottoscrizione. Non arrivano ogni mese o ogni trimestre: si aggiungono al capitale e diventano esigibili alla scadenza del buono o in determinati step intermedi. Per il buono dedicato ai minori, per esempio, gli interessi si capitalizzano automaticamente nel capitale e si pagano integralmente solo al termine dei 18 anni (quando il minore raggiunge la maggiore età).
Questo ha un vantaggio: gli interessi generano ulteriori interessi nel tempo (capitalizzazione composta). Ha anche un limite: non ricevi cedole periodiche da reinvestire a tue scelte, gli interessi rimangono congelati nel buono fino a quando non lo riscatti.
Rimborso anticipato: cosa perdi davvero
Uno dei punti chiave è il rimborso prima della scadenza. Poste Italiane permette di ritirare il capitale in qualsiasi momento, ma non senza conseguenze. Se rimborsi il buono nei primi anni, ricevi il capitale nominale investito, ma gli interessi si calcolano solo su determinati step. Nel buono per minori, per esempio, se ritiri tutto dopo tre anni dall’acquisto, ricevi il capitale più gli interessi maturati fino a quel momento (nel caso del buono minori attuale, il due e mezzo per cento). Non il cinque per cento, ma una frazione inferiore.
Questo significa che il rimborso anticipato è un’arma a doppio taglio: ti dà libertà di accesso, ma penalizza il rendimento se l’obbligazione aveva tassi crescenti. È vitale distinguere fra “posso sempre tirare i soldi fuori” (vero) e “ritiro con il cinque per cento se ne ho bisogno dopo tre anni” (falso).
La tassazione: 12,5% invece del 26%
Qui il buono fruttifero vince nettamente sui conti deposito tradizionali. Gli interessi maturati sui buoni sono tassati al 12,5% di imposta sostitutiva, mentre i conti deposito puri sono soggetti al 26%. È uno sconto significativo: su 1.000 euro di interessi lordi, paghi 125 euro di tasse anziché 260. Su cifre importanti e periodi lunghi, il risparmio fiscale è sostanziale.
C’è anche l’imposta di bollo dello 0,2% annuo sulla giacenza in determinati casi (non sempre applicabile secondo le regole di legge), ma per la gran parte dei casi, l’imposta sostitutiva al 12,5% è il grosso della tassazione.
Un esempio concreto: 10.000 euro in buono minori al 5%
Immagina di sottoscrivere 10.000 euro in buono minori al cinque per cento oggi. Lo tieni fino ai 18 anni del bambino (diciamo 18 anni pieni).
Secondo le tabelle attuali di Poste Italiane, il coefficiente di montante lordo su 18 anni è di circa 2,387. Questo significa che il capitale raggiunge 23.870 euro lordi (10.000 x 2,387). Gli interessi generati sono quindi 13.870 euro.
Con l’imposta sostitutiva al 12,5%, paghi 1.734 euro di tasse (13.870 x 0,125). Il montante netto è 22.136 euro (23.870 – 1.734). Il rendimento annuo netto medio su 18 anni è di circa il 4,56%, non il cinque per cento lordo. Sulla base annua semplice, è meno del cinque per cento, ma rimane un rendimento robusto in un contesto di tassi storicamente bassi.
Per chi ha davvero senso il buono fruttifero al cinque per cento
Il buono fruttifero al cinque per cento non è un prodotto universale. Funziona benissimo per certi profili di risparmiatore e molto meno per altri.
I vantaggi concreti
Primo, la garanzia dello Stato: il capitale è protetto al 100%, indipendentemente da quello che succede al sistema bancario (nel limite delle regole sulla garanzia dei depositi). Se la preoccupazione principale è non perdere soldi, non c’è strumento più sicuro.
Secondo, nessun costo di gestione: il buono non ha commissioni di apertura, mantenimento o chiusura. Quello che vedi nel foglio informativo è quello che paghi e quello che ricevi. Confrontalo con un fondo comune (che ha commissioni di gestione annue) o con un conto deposito presso una piccola banca (dove spesso ci sono costi nascosti).
Terzo, la semplicità operativa: non devi leggere prospetti di 50 pagine, monitorare portafogli, decidere come allocare denaro fra azioni e obbligazioni. Una volta sottoscritto, il buono lavora da solo verso la sua scadenza. Questo non è da sottovalutare per chi non ha voglia o tempo di imparare la finanza.
Quarto, la tassazione agevolata: il 12,5% sugli interessi invece del 26% dei conti deposito è una riduzione del quasi 50% del carico fiscale. Su rendimenti rilevanti, il vantaggio è notevole.
Chi dovrebbe considerare il buono al cinque per cento
I profili ideali sono almeno tre.
Il risparmiatore prudente: chi ha soldi fermi e vuole proteggere il capitale senza prendersi rischi di mercato. Se il conto corrente rende lo 0,1% e il conto deposito fisso rende il 2,5%, il buono fruttifero al cinque per cento è una traslazione netta verso rendimenti superiori con rischio zero percepito.
La famiglia che pianifica: genitori e nonni che vogliono mettere da parte soldi per gli studi dei figli, una casa, o un progetto futuro. Il buono minori è disegnato esattamente per questo: crescita prevedibile senza sorprese.
Chi ha liquidità parcheggiata: chi ha incassato una somma (liquidazione, eredità, bonus) e sa che non la toccherà per anni. Il buono trasforma quella giacenza morta in rendimento garantito.
Quando il cinque per cento diventa interessante
Il cinque per cento non è sempre interessante nello stesso modo. Dipende dal contesto di mercato. Se i conti deposito offrono il 3,5% lordo e i BTP a 10 anni il 3%, allora il cinque per cento del buono fruttifero è una notizia. Se i mercati salissero e i conti deposito offrissero il 4,5% o il 5%, allora il vantaggio relativo si riduce. Inoltre, il cinque per cento è interessante principalmente se puoi davvero tenere il denaro bloccato fino alla scadenza e sfruttare la capitalizzazione lungo termine.
Quello che non ti dicono: i limiti oltre il 5 per cento
Ogni prodotto finanziario ha un rovescio della medaglia. Ignorare i limiti del buono fruttifero è un errore classico.
Il mito del cinque per cento annuale
Uno dei fraintendimenti più diffusi è pensare che il cinque per cento sia il tuo rendimento ogni anno, dal primo al ventesimo mese. Non è così. Il buono minori ha tassi crescenti: il 2,5% per i primi 18 mesi, poi il 2,75%, poi il 3%, fino al 5% solo negli ultimi 2 anni. Il rendimento medio sui 18 anni è intorno al 4,56% netto. Significa che alcuni anni il tasso è molto inferiore al cinque per cento.
Questo non è una trappola, è trasparenza nei prospetti. Ma la pubblicità, enfatizzando il cinque per cento, non ti ricorda che serve pazienza e detenzione intera.
La perdita di flessibilità
Se cambi idea e ritiri i soldi prima della scadenza, il rendimento cala drasticamente. Non è una penalità esplicita, è solo che gli interessi sono collegati agli step: uscire a tre anni invece che 18 significa saltare tutto il beneficio dei tassi più alti. Per chi potrebbe aver bisogno della liquidità, il buono è una cattiva scelta.
Il rischio inflazione
Se l’inflazione rimane sostenuta (per esempio al 3% annuo), il tuo cinque per cento lordo (4,56% netto) ti protegge, ma non ti arricchisce. Il potere d’acquisto delle somme non cresce granché. Se cerchi crescita reale di capitale nel lungo termine, il buono non è sufficiente: serve una quota di investimenti a rischio (azioni, fondi).
Non è un reddito periodico
A differenza di un BTP (titolo di Stato) che paga cedole ogni sei mesi, il buono fruttifero non ti dà flussi di cassa regolari. Gli interessi arrivano solo a scadenza (o ai determinati step). Se conti su uno stipendio aggiuntivo mensile, il buono non lo offre.
Scegliere consapevolmente: il buono rispetto alle altre soluzioni
Ok, il buono fruttifero al cinque per cento non è una bacchetta magica, ma non è neanche da scartare subito. Come decidi se è la soluzione giusta? Mettendolo a confronto con i veri competitor.
Conti deposito vincolati: il grande concorrente
Un conto deposito vincolato di solito offre tassi fra il 2,5% e il 4% lordo su periodi di 1-5 anni. La tassazione è al 26%, quindi netto è il 1,85%-2,96%. Rispetto al buono fruttifero al cinque per cento (4,56% netto su 18 anni), è meno conveniente dal punto di vista del rendimento netto.
Ma il conto deposito ha una flessibilità che il buono non ha: il capitale rimane liquido (anche se non lo ritiri di solito prima della scadenza), puoi scegliere periodi brevi, e se il conto offre “interessi su interessi” è un aspetto diverso.
BTP e titoli di Stato a pari durata
Un BTP decennale oggi potrebbe rendere il 3%-3,5% lordo. È inferiore al cinque per cento del buono. Ma il BTP ha due caratteristiche diverse: paga cedole ogni sei mesi (puoi reinvestire), e ha un mercato secondario (puoi venderlo prima se i tassi salgono e il prezzo cala, potendo realizzare una plus/minusvalenza).
Il buono, invece, non è quotato in borsa; non puoi venderlo prima al mercato. Devi rimborsarlo con Poste, e il rimborso prima della scadenza ti espone al rischio di perdere interessi.
Fondi obbligazionari e ETF a basso rischio
Un fondo obbligazionario “prudente” espone a una panoplia di titoli (governativi, corporate, internazionali) con commissioni di gestione (tipicamente 0,5-1,5% all’anno). Il rendimento potrebbe essere il 2-4% lordo, ma hai diversificazione geografica e la possibilità di reinvestire.
Il buono è più semplice (zero gestione, zero scelte attive), ma meno diversificato (è tutto nel debito italiano).
Quale scegliere? Una mini-checklist
Prima di sottoscrivere, rispondi a queste domande:
Per quanti anni sono certo di non aver bisogno del denaro? Se rispondi “18-20 anni”, il buono a lungo termine è una scelta forte. Se rispondi “massimo 5 anni”, il vincolo del buono è ingombro.
Voglio il massimo della semplicità o sono disposto a leggere due prospetti in più? Se odii la gestione attiva, il buono vince. Se sei curioso di diversificazione, un fondo obbligazionario potrebbe attirarti.
Il mio orizzonte di investimento è solo questo buono o ho altre posizioni? Se hai già azioni e fondi azionari, il buono è una bell’ancora di reddito fisso. Se è l’unica cosa che possiedi, forse dovresti bilanciare meglio.
Preferisco tranquillità assoluta o accetto volatilità contenuta? Il buono è tranquillità. I fondi obbligazionari hanno volatilità (lieve, ma c’è). I BTP sulla piazza aperta hanno rischio di prezzo.
Se le risposte sono “18+ anni, semplicità massima, è il primo investimento, tranquillità assoluta”, il buono fruttifero al cinque per cento è esattamente quello che ti serve. Se la situazione è diversa, valuta.
Cinque per cento consapevole: arrivare a una decisione
Torniamo al punto di partenza. Risparmi fermi, conto che non rende nulla, pubblicità del cinque per cento. Adesso il quadro è completamente diverso da prima.
Sai che il cinque per cento è un numero lordo a scadenza, non una certezza annuale. Sai che la realtà netta è intorno al 4,56% su 18 anni (per il buono minori), cosa ben diversa dal numero sulla locandina. Sai che è uno strumento sicuro, senza costi, e con tassazione vantaggiosa, ma che è inflexible se hai bisogno dei soldi prima. Sai che per chi ha un orizzonte di decine di anni e un profilo davvero prudente, è una soluzione sensata, mentre per chi cerca rendimenti potenzialmente superiori accettando qualche rischio, o per chi ha bisogno di liquidità, esiste altro nel mercato.
Soprattutto, hai gli strumenti per ragionare, non per emotività.
Il passo concreto ora è semplice: prendi l’ammontare che pensi di investire, l’orizzonte temporale che hai in testa, e usa i simulatori online di Poste Italiane o CDP per vedere il montante netto esatto. Confrontalo con un conto deposito della tua banca (al 26% di tasse) e con un BTP di pari durata sul sito del Tesoro. Rispondi alle domande della mini-checklist qui sopra. Se le risposte ti dicono sì, il buono fruttifero postale al cinque per cento è un pezzo di strategia solida. Se le risposte ti dicono no, sai che potrai dormire tranquillo lo stesso, magari scegliendo altra strada.
Il buono fruttifero postale al cinque per cento non è la soluzione a tutto né una trappola: è un tassello di reddito fisso sicuro, con tassi attraenti nel contesto attuale e struttura di costi snella. Usato con consapevolezza, dentro una strategia che hai deciso a sangue freddo, può essere proprio quello che serve per far lavorare i tuoi risparmi senza perdere il sonno e senza rischiare di fare una scelta al di sotto delle tue esigenze reali.




